Essere al di là delle apparenze

 

 

     Pagina Iniziale

     Aggiungi  ai preferiti

     Invia posta

     Links

Una serata diversa

  

 Vincitore Sezione Adulti

 

 Stile diretto, veloce e simpatico, molto scorrevole lo svolgimento, in particolare nei dialoghi. Il racconto si fa leggere dall'inizio alla fine, senza mai annoiare il lettore e, al tempo stesso, riuscendo a trasmettere valori importanti con umorismo ed immediatezza. Interessante l'idea di legare l'itinerario della crescita morale e ad un percorso di "fatica" fisica.

 

 

Ero intirizzito dal freddo e, mentre battevo i piedi a terra, cercavo di capire cosa avesse voluto dire Karin quando mi aveva invitato a una “serata diversa”.

A quella inaspettata proposta avevo subito detto di si. Non mi ero lasciato convincere dalla curiosità o dalle sue parole ma dal suo sorriso leggero, dai suoi capelli biondi e dai suoi occhi azzurri come il mare.

Era l’estate del ’73 e avevo conosciuto Karen sulla scalinata di Piazza di Spagna mentre con la chitarra cercava gli accordi di una canzone dei Beatles. Io gli suggerii quelli giusti e lei mi ringraziò con un sorriso e con un tenero “Krazie!”. Da quel giorno la strade della vita ci hanno unito e separato molte volte ma la nostra amicizia è stata sempre come un sole che da luce alle nostre anime. Non ci sentiamo spesso perché abitiamo in continenti diversi ma quando ci telefoniamo è come se ci fossimo lasciati il giorno prima.

Quella sera arrivò all’appuntamento con una sola mezz’ora di ritardo. Lei è tedesca, purtroppo la sua puntualità no! Si era presentata con alcuni suoi amici un po’ strambi su un furgoncino Volkswagen tutto dipinto di fiori e cuori, di quelli che erano in voga negli anni sessanta fra gli hippy.

Nel furgoncino, sull’ultima fila di sedili, c’erano buste piene di spesa e coperte accatastate. Appena salito mi arrivò un sorriso, un “Ciao!” e un bacio sulle guance. Mi presentò Hans, Ciro e Betty, dopodiché mi comunica la destinazione partendo a razzo (si fa per dire…) verso la stazione di Roma Termini.

In un primo momento pensai a un viaggio in treno ma non osai chiedere il programma per quella “serata diversa” affidandomi alla fantasia di Karin.

Alla stazione c’erano ad aspettarci altre persone, lei parlò un po’ con loro e poi prese a dare ordini.

Ormai conoscevo Karin da sei mesi e sapevo che per organizzare qualsiasi cosa lei era imbattibile. Fece prendere le coperte dal furgoncino, aprì un tavolino pieghevole, ci mise su un pentolone ancora caldo, diede disposizioni per preparare piatti e posate di plastica, nel frattempo cominciò a radunare alcuni senza tetto, li mise in fila come fa un pastore con le pecore, mandò i suoi cani a radunare quelle più lontano e iniziò la distribuzione di un pasto caldo.

“Sercio Ke fai lì impalato? Prenti questo piatto e portalo a signora la ciù!”

“Ma perché, non se lo può venire a prendere lei?”

“Fa kome ti ho tetto! Spricati”

“Va bene, vado…”

Tutta la situazione mi sembrava un po’ assurda, quelle persone mi facevano un po’ pena e un po’ schifo.

Maledicevo me stesso per aver detto si a un sorriso, a dei bellissimi capelli biondi e a due occhi blu come il mare. In quel momento avrei desiderato essere a mille miglia di distanza, ma la voce di Karin mi raggiunse come una frustata:

“Spricati…!”

Come un cameriere d’hotel mi misi in cammino e porsi il piatto caldo alla barbona che era sdraiata sotto una montagna di coperte, le porsi posate e tovaglioli e stavo per andarmene quando lei mi fece un cenno…

“Cosa posso fare per lei?”

“E’ la prima volta che vieni, vero?“

“Si, signora.”

E dentro di me pensai: “Sarà anche l’ultima!”

“Come ti chiami?”

“Sergio.”

Io volevo solo andarmene perché non riuscivo a sopportare la puzza di quegli stracci, ma la signora mi trattenne ancora:

“Io mi chiamo Susy e tu sei molto gentile, solo che non devi avere paura.”

La conversazione, e soprattutto quella persona mi stavano rendendo nervoso

“Ma io non ho paura, solo che devo servire altri pasti.”

Frettolosamente stavo sgusciando dalle sue curiosità quando mi prese un braccio e mi disse:

“Non è di me che devi aver paura e nemmeno del mio aspetto ma dei fantasmi che ti porti dentro.”

Non risposi per educazione, e poi di quali fantasmi avrei dovuto aver paura?

“Sergio, impara a guardare con il cuore e non con gli occhi. Le persone e le situazioni non sempre sono quello che sembrano e l’abito, molto spesso, non fa il monaco… Vedi, questa notte tu pensi di aver dato qualcosa a me, e questo è vero, ma sono sicura che hai anche ricevuto molto di più di quello che hai dato.”

Pensai che stava farneticando o che fosse solo un modo per non dire grazie.

“Se non le serve nient’altro io vado…”

“Ciao Sergio, ci vediamo…”

“Si, col cavolo!...” Pensai

Ma non mi lasciava il braccio e continuò dicendomi:

“Ricordati Sergio, non giudicare mai nessuno prima di aver camminato due settimane nei loro pensieri…”

“Ci penserò Susy, grazie…” e, quando allentò la presa, andai via di corsa infastidito dalle sue perle di saggezza.

Quando tornai da Kerin mi fece un sorriso e mi disse:

“Hai fisto che persona merafigliosa?”

“A dire il vero io ho visto solo una persona sporca…”, ma non glielo dissi e, dopo avergli sorriso, continuai a obbedire alle sue disposizioni, per non dire ai suoi ordini.

La notte sembrava non finire mai e non ebbi nemmeno il tempo di scambiare due chiacchiere con Karin. Soltanto quando, al ritorno, mi lasciò sotto casa mi chiese: “E’ stata una pella serata, fero? Ci fediamo tomani alla stessa ora, OK?”

“No grazie, è stata una bellissima serata ma domani ho da fare! Ci sentiamo Karin”

“Non mi tai un pacio?”

“Scusa Karin ma è tardi, non vedo l’ora di abbracciare il cuscino…”

I giorni seguenti non chiamai Karin e lei fece lo stesso con me ma l’eco delle parole di Susy rimbombavano sul mio cuore più che sulla mia testa.

Le cose che facevo ora mi sembravano tutte futili e senza senso.

L’appetito mi era sparito, studiare era impossibile, fare una passeggiata, uscire con gli amici, andare al cinema, suonare, leggere o semplicemente guardare le vetrine dei negozi mi dava un senso di nausea. Le giornate cominciarono a riempirsi di nulla e la noia era sempre in agguato.

Cominciavo a vedere i fantasmi a cui alludeva Susy: l’indifferenza, la superficialità, il perbenismo, l’egoismo, le apparenze, i luoghi comuni…  Tutti fantasmi che si annidavano dentro di me senza che io ne fossi cosciente.

Non volevo ammetterlo ma quella serata mi aveva cambiato profondamente. Avevo visto cose a me sconosciute e i miei orizzonti pian piano si stavano allargando.

Dopo due settimane chiamai Karin e le chiesi se potevo andare con lei alla distribuzione dei pasti. Rimase prima stupita ma poi felice per quella richiesta inaspettata.

Quella notte è stata una delle più belle notti passate a Roma. Avevo freddo fuori ma tanto caldo dentro.

Portai un piatto caldo a Susy e quella volta mi sedetti per parlare con lei. Non sentivo più il cattivo odore dei suoi vestiti ma il profumo delle sue parole. Mi raccontò la sua storia e capii che la barbona di oggi era un’insegnante di filosofia a cui la vita aveva regalato delle brutte sorprese ma non per questo aveva smesso di amare la vita e le persone. Mi spiegò che spogliata di ori, vestiti e gioielli si sentiva veramente se stessa e che il cielo azzurro era il più bel tetto che una persona potesse avere. Mi fece riflettere sul fatto  che l’essere è molto più importante dell’avere e che l’apparire è una forma di debolezza. Quella sera capii che la pigrizia, l’egoismo, il potere, la ricchezza, il lavoro alienante non ci permettono di vivere appieno la nostra vita e di esplorarne fino in fondo la bellezza. Mi insegnò a non dare facili giudizi, ad amare le persone e ad aiutare i più bisognosi.

La prima volta che ho visto Susy era come un arido deserto ma poi ho capito che dentro di lei c’era una fresca acqua zampillante da cui poter attingere per dissetare ogni sete di sapere.

Sono cresciuto più in poche ore vicino a Susy che in sedici anni ricurvo sui libri e da allora guardo le persone senza pregiudizi, oltre le apparenze, con accoglienza, cercando sempre l’essenziale e spesso trovandolo nella loro parte più profonda: il cuore.

Quella sera ho pianto insieme a Karin, ma le lacrime che uscivano dai nostri cuori non erano fredde di tristezza ma calde di gioia e felicità.

Ho rivisto Susy altre volte fino a che un giorno mi disse:

“Sai Sergio, questa è l’ultima volta che ci vediamo. Il mio cuore mi porta altrove e bisogna sempre seguire il cuore. Tu lo hai fatto quando ci siamo conosciuti, non smettere mai di farlo!”.

Da quel giorno non ho più rivisto Susy ma le sue parole e i suoi insegnamenti ormai fanno parte di me e del bagaglio culturale che ho il dovere di trasmettere alle persone care.

 Giugno 2012

 

   http://www.gruppoaiutando.net/unaseratadiversa.html

 

  

Mancano i Plug-in per ascoltare la musica

Windows Media Player