Notte nera

 

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Notte nera, nera come un cielo senza stelle, nera come una lavagna senza gesso, nera come il buio che ho dentro e che nessuno capisce. Notte anonima. Notte silenziosa. Notte triste. Notte infinita. Su una panchina della stazione, aspetto che passi questa fottuta notte. Con gli occhi bassi vedo solo le scarpe della gente. Non ho il coraggio di guardare nessuno negli occhi. La gente continua a passare, qualcuno mi guarda con disprezzo, la maggior parte non si accorge di me. Sono un’ombra per loro, un fantasma, uno spettro, uno spirito senza anima e corpo. Non ho neanche 10 euro e sento i primi sintomi di astinenza. Ho rubato per qualche grammo di merda, mi sono prostituita, sono andata con la peggiore feccia dell’umanità soltanto per mendicare una stronza dose. Domani smetterò. Si, domani la farò finita con questa cacca. Basta con questa lurida merda, con questo mondo di tossici, con la prostituzione e l’elemosina alla stazione. Domani smetterò. Si, giuro che lo farò. Che guardi Camilla! Sempre lì impalata a scrutarmi! Neanche tu ci credi. Ma tu che ne sai? Tu non hai mai provato a bucarti, a fumare, a sniffare. Sono sei mesi che stiamo insieme. Ti ho quasi adottata, o forse sarebbe meglio dire che tu hai adottato me. A volte mi trascini come se io fossi uno zombie. Scegli la strada da seguire e la destinazione delle nostre mete. Anche questa sera sei stata tu che hai deciso di fermarci qui al binario numero 1 della stazione di Roma Termini. Io, come al solito, ti ho assecondata. Non ho più la forza neanche per oppormi. Ora te ne stai lì fissa nei tuoi pensieri. Con lo sguardo assente, nel vuoto. Non mi parli, non chiedi e non vuoi nulla. In cambio leggi i miei pensieri. Basta uno sguardo e già sai ciò che voglio. Sei l’unica, in questo mondo di merda, che mi capisce. Sei come una sorella per me. Stai con me perchè anche tu sei una diseredata, una bastarda, una buttata su una strada e dimenticata da tutti. Non abbiamo passato, non abbiamo futuro e purtroppo non abbiamo neanche un presente. A volte mangiamo, spesso digiuniamo. Se non ci fossero i volontari della Caritas saremmo potute morire di fame. Che gente questi borghesi fottuti di merda. Tutti come mio padre, stronzo fascista, pronto a farti sentire una merda per qualsiasi cosa. Mai una carezza, mai un bacio, mai una parola affettuosa. Sempre rigido e inflessibile. Aveva tutte le verità in tasca. E qualsiasi cosa io facessi era sempre fatta male. Se la prendeva sempre con tutti, solo lui era perfetto. Stronzo fascista. E mia madre? Sempre pronta a mettere pace, sempre con la paura di contraddirlo, mai un vaffanculo, mai un accenno di ribellione. “Noi donne dobbiamo sempre coccolare questi uomini !!!” Non ha mai capito niente. E’ passata da un padre padrone a un marito fine torturatore psicologico. “Almeno non mi picchia…”   diceva. Come se non picchiarla fosse un sintomo d’amore. Una donna zerbino. Io per lei ero un problema, e i problemi si sa, vanno eliminati. Così sono scappata. Sono fuggita da loro, ma non sono riuscita a fuggire dai miei ricordi. I loro fantasmi mi rincorrono ogni notte. E io, anche dopo tre anni, sono qui a pensare a loro. Ma io non ce l’ho più due genitori. A dire la verità non ce l’ho mai avuti. Io non ho mai avuto chi mi volesse bene veramente. Maledetta notte, non passa mai. Per fortuna che siamo in estate e non fa freddo. Come farò a dicembre? Chi se ne frega. Io non ci voglio manco arrivare a Natale. Che vita è questa? Sempre alla ricerca disperata di una dose, sempre inseguita dai crampi, dai sensi di colpa e dalla maniera per rimediare quella sporca merda. Maledetta notte… Ma smetterò un giorno! “Che ti guardi Camilla!” Questa mi legge nel pensiero. “Perché non dormi Camilla?” Quanto desidererei dormire in un letto caldo! Certo è proprio tanto che non poggio la testa su un cuscino. Neanche me lo ricordo come è fatto un cuscino e quanto possa essere morbido un materasso. Saranno sette mesi? Si, più o meno sette mesi, perché una settimana dopo ho incontrato Camilla al Colle Oppio. Quella notte c’era un coglione accanto a me nel letto. Mi ricordo perfettamente la faccia da stronzo, ma chi se lo ricorda il nome? Mi dovessi ricordare tutti i nomi di quelli con cui sono andata a letto non c’entrerebbe più neanche una virgola nel mio cervello! Ma quella sera me la ricordo, me la ricordo bene, perché dopo avermi inondato con il suo sperma mi ha lasciato dormire fino a tardi, poi a mattina inoltrata si è alzato e si è messo a fare telefonate. Io mi aspettavo una colazione calda magari con cappuccino e cornetto, e invece sono arrivati cinque suoi amici che mi hanno violentata a turno come se fossi una bambola di pezza. Ridevano gli stronzi! Poi, non contenti, mi hanno costretta a rimanere in quel putrido posto di merda. Tutto puzzava di muffa. Loro puzzavano di muffa. Anche io puzzavo di muffa. Che schifo! Dopo quattro interminabili giorni sono riuscita a fuggire. Ho approfittato una sera che erano fatti come cocuzze e sono scappata. Se avessi avuto una tanica di benzina avrei dato fuoco a quella baracca e a tutti quelli che c’erano dentro. Lo avrei fatto, lo giuro. Comunque mi sono vendicata lo stesso. Prima di andare via ho preso tutti i loro soldi e la loro roba a titolo di risarcimento. Come se si potesse risarcire tutto quello che mi hanno fatto. Chissà che faccia avranno fatto dopo che si sono svegliati. Io comunque, me la sono spassata per due mesi interi. Due mesi fatta di ero, di morfina, di coca, di pakistano nero, di LSD, di psicofarmaci, di anfetamine, di ecstasy, di crack, di morbidone, di adrenalina, di chetamina, di popper, di vino, di birra... di tutto! Qualsiasi cosa andava bene pur di non ricordare e pensare. Peccato che tutti quei soldi sono finiti presto. Non ho mai avuto tanti soldi in vita mia, eppure sono volati come tanti palloncini trascinati dal vento. Sono dovuta scappare da Milano. Non sarei qui a pensare, se mi avessero trovata. Ma non rimpiango Milano. Non rimpiango quella città piena di nebbia, di grigio, di ansia, di manichini e pinguini in giacca e cravatta. Qui a Roma almeno il tempo è più mite e qualche spicciolo te lo danno. Da quel giorno comunque, ho deciso di non prostituirmi più, o per lo meno solo in caso di bisogno, e mai in luoghi isolati. Questa notte non finisce mai. Questi pensieri non smettono di affollare la mia mente.  Quanto vorrei che fosse già mattino. Quanto vorrei non pensare più. Forse è per questo che mi faccio. Forse è per non pensare! Ho provato tutte le merde possibili e immaginabili. Nessuna è perfetta, tutte hanno una fine. E dopo stai peggio di prima e i pensieri sempre lì che ti aspettano come a dirti: “Finalmente sei tornata, ti stavamo aspettando!” Ma che volete da me? Lasciatemi in pace. Andate a farvi fottere. E’ una vita che mi inseguite! Non mi lasciano in pace neanche un minuto. Neanche quando avevo 15 anni e per far dispetto a mio padre andavo in giro con minigonna, tacchi a spillo e fumavo già le prime canne. Cambiavo ragazzo con la stessa frequenza dei maglioni: uno al giorno. Tutti stronzi. Tutti come mio padre. Tutti volevano imprigionare il mio corpo e la mia mente. Ma io sono stata sempre uno spirito libero! “Ehi, spirito libero… Guardati adesso!” E’ la mia coscienza o Camilla? No, io non ce l’ho una coscienza! “Che fai Camilla, continui a leggere nei miei pensieri? La fai finita? Smettila di guardarmi con quegli occhi da pesce lesso!” Si, se voglio, smetto oggi… Domani magari è meglio! Un giorno la farò finita con questa merda. Te lo giuro. Un giorno la farò finita, mi troverò un lavoro, mi fidanzerò con un ragazzo serio e sfornerò bambini come un forno sforna pizze! Però che palle i pannolini, i ciucci, il semolino, i biberon… Un giorno però smetterò! Vedrai se non smetterò! Gliela farò vedere io a questo mondo di merda. Non lascerò che la mia vita scorra fra le fogne di questa fottuta stazione, fra queste facce di merda che neanche ti guardano. Se almeno sapessi quanti anni, mesi o giorni mi rimangono da vivere, sarei più rilassata. Potrei dire… Ebbene, mi rimangono due mesi. Due mesi di sofferenze, due mesi di buchi, due mesi di espedienti, due mesi di niente e poi la pace! E tu Camilla, che farai poi senza di me? Che farai quando io non ci sarò più? Con chi andrai a chiedere l’elemosina? Quale sguardo incroceranno i tuoi occhi amorevoli? Sei l’unica che mi capisce. Sei l’unica che mi vuole bene. Senza di te mi sentirei persa, ho sempre mille paure. Ho paura di essere abbandonata, ho paura di non essere amata, ho paura di non saper amare, ho paura persino di essere me stessa. Ma la paura più grossa è questa mente. Non smette mai di pensare, viaggia sempre! Va dai tropici all’equatore in un secondo. Vola avanti e indietro nel tempo. Urla, strilla, sussurra. Non sta mai in pace. Un giorno mi farò lobotomizzare. Almeno smetterò di pensare! “Che dici Camilla, dormiamo?”  Ma perché mi guardi così? No Camilla, non ti ci mettere anche tu con il tuo pietismo! “La finisci di guardarmi così?” Sei sempre dolce con me, ma a volte i tuoi sguardi sono più pesanti di parole lanciate come macigni. Lo so che ti tratto male, ma anch’io ti voglio bene. Si, non te lo dico quasi mai, ma ti voglio bene. Sei l’unica amica che ho, ma non è questo il principale motivo per cui ti voglio bene. Questa notte non vuole proprio passare! Oggi anche l’alba è in ritardo. Dai Camilla, cerchiamo un sistema per far sorgere adesso quel fottuto sole. E se era inverno che facevo, mi suicidavo? Già, come quella volta che per attirare l’attenzione di quello stronzo di mio padre mi sono tagliata le vene… Anzi, diciamocela tutta, ho fatto finta di tagliarmi le vene perché tanto lo sapevo che il sangue si coagula e lui si sarebbe riempito di sensi di colpa! E invece niente. Neanche quel gesto disperato l’ha distolto dai suoi impegni. Il giorno dopo che sono andata in ospedale, lui ha ripreso a lavorare come se niente fosse successo. “La fabbrica tocca mandarla avanti. Mica possiamo lasciar andare tutto alla malora!” Che padre! Io potevo andare in malora, la fabbrica no! Non mi ha mai amata. Ama di più i macchinari della sua “fabbrichetta”! Se si fossero tagliate le vene le sue frese, i suoi torni e le sue presse si sarebbe di sicuro preoccupato. Io non valgo niente per lui. Neanche quando gli ho detto che avevo l’AIDS ho visto un filo d’amore o di compassione nei suoi occhi. Niente, soltanto rabbia. Un altro problema in più! Io, per lui, sono solo mille problemi. Neanche quando ho deciso di andarmene si è preoccupato più di tanto, anzi, forse è stata l’unica volta che l’ho visto sorridere. “Vai, vai, tanto sempre qui verrai per gli sghei !” Stronzo. Faccio la puttana piuttosto che chiedere un euro a un testa di cazzo come te! Infatti sono più di tre anni che non lo vedo. Mi dispiace per mia madre, vittima voluta o inconsapevole di uno stronzo matricolato. Non ha mai avuto il coraggio di mandarlo affanculo. Chissà se mia madre mi pensa ancora. Quando passerà questa maledetta notte! Basta pensieri! La volete far finita? Mi volete lasciare in pace? In questa testa tutto corre veloce. Immagini, volti, luoghi. Ricordo i pomeriggi passati al muretto con gli occhi gonfi e le pupille ridotte a spilli. Sempre con quei quattro sfigati a parlare di roba. Mi ricordo che passavamo giornate intere a discutere di coca, hascish, spacciatori, come procurarcela, come guadagnarci sopra, dove andare a farsi…. Qualcuno, senza ritegno, come me ora, si faceva davanti a tutti.  Non si ha più ritegno, vergogna, pudore quando si è in astinenza. Questa merda ti annulla, ti fa diventare uno zombie, pensi e vivi soltanto per farti. Come ho potuto rimanerci invischiata? Tanto io fumo solo spinelli… E invece dagli spinelli ai cannoni, e poi alla coca, all’acido, alla prima eroina sniffata e infine il grande salto: il buco. Tutto condito con grandi sbronze, dosi di barbiturici quando eri a mille e anfetamine quando eri rincoglionito come un bradipo. All’inizio avevo paura. Il primo buco è sempre una sfida per i neofiti della morte bianca, e io l’avevo vinta la paura! Così perlomeno credevo all’epoca, ma non sapevo quello che stavo perdendo. Ho perso la mia anima, il mio corpo, la mia dignità, il mio essere, la mia vita…  Da quel giorno ho iniziato a perdere tutto! Cosa ho ora? Tre euro, una borsa piena di cazzate inutili, un pacchetto di MS, una bottiglia di vino piena, una lattina di birra mezza vuota e un passaporto per l’inferno. Mi occorrerebbe solo un visto di polvere bianca per andare da Belzebù e il biglietto è di sola andata. Questo è già un inferno, magari l’altro potrebbe essere più gradevole. Maledetta notte, quando passi? Quando si farà giorno? Quando potrò essere carezzata da un caldo vento e baciata da un cocente sole? Quando potrò scaldare questo mio corpo e questa mia anima? Se potessi tornare indietro…. Io non sono come quei tossici che rifarebbero tutto quello che hanno fatto. Io la mia vita la riscriverei daccapo e nessuna pagina sarebbe uguale a quella cacca che ho vissuto. Cambierei volentieri questa vita di merda con un’altra di cioccolata. Ma quanto tempo è che non mangio cioccolata? Mi sono dimenticata il sapore della cioccolata fondente, al latte, bianca, con nocciole, con peperoncino… A dire il vero mi sono dimenticata tutti i sapori di questo mondo. Che bello sarebbe poter tornare indietro! “C’è qualcuno di voi che vorrebbe fare a cambio?” Ehi dico a voi! “C’è nessuno che vorrebbe fare a cambio con la mia vita?” Ma che vai a pensare! Maledetta notte! Maledetti pensieri! Questa notte è troppo lunga. Durasse solo un’ora, sarebbe sempre troppo lunga! Oggi i pensieri non mi danno un attimo di tregua. Dov’è l’interruttore per spegnere questa stupida testa? Tanto lo so che state pensando che me lo sono meritata! Che è tutta colpa mia. Che me la sono voluta. No, signori miei. Non è così! Voi siete stati soltanto più fortunati. Voi non avete avuto un’infanzia come la mia, voi avete avuto due genitori che vi hanno amati. Io no purtroppo, ed ora eccomi qui a implorare che questa notte passi il più velocemente possibile. Voi non dovete fare a pugni con i vostri pensieri… Io si, cari miei. Io, ogni notte, sono qui con i guantoni a schivare diretti facendo saltelli sul ring della vita dove non ci sono arbitri che decretano i break! Qui, se prendi un pugno sotto la cintura, te lo tieni. Puoi gridare di dolore, ma te lo tieni. Io non sono nata per lo sballo. Ma è l’unico modo che ho per non pensare. Poi quando finisce l’effetto, ecco che rispuntano i miei incubi, i miei fantasmi, i miei maledetti pensieri. Ci ho provato una volta a disintossicarmi. Mi sono fatta legare in un letto, con corde così strette da lasciarmi i segni su tutto il corpo. Ero come una martire. E’ stata una lotta impari. Ho urlato e gridato, dalle ferite usciva sangue, ma appena il mio salvatore-carceriere si è distratto un attimo, sono scappata e mi sono fatta di nuovo rischiando la fine per overdose. Mi ricordo solo due cose di quell’incidente: la faccia del medico tutta sudata e la saliva che mi scendeva dalla bocca come la schiuma da un boccale di birra. Da quel giorno mi sono arresa. Ora questa è la mia vita… Certo chiamarla vita mi sembra esagerato. Ora sono in un mondo di reietti, di rovinati, di sfigati. Sono in un mondo dove non esistono favole e sogni, sono in un posto ai confini dell’anima. Sono triste. Sono sempre triste! Forse ciò che voglio è la tristezza. Forse è soltanto quello che merito. Che schifo, ancora non sono riuscita a togliermi i sensi di colpa che mi ha fatto venire mio padre! Brutto stronzo, lo ucciderei. Chissà perché non l’ho fatto! Non l’ho fatto perché sono una vigliacca. Ecco perché! Una vigliacca come quando cerco di fuggire la realtà, come quando voglio smettere di pensare. Una vigliacca come quando prendo la spada e mi buco. Ecco cosa sono: una vigliacca! Se non lo fossi sarei andata a disintossicarmi veramente. Avrei sputato lacrime e sangue come fanno tanti ragazzi nelle comunità di recupero. Avrei trovato qualcuno che mi avrebbe insegnato regole, leggi, principi. Magari con qualche ceffone, ma avrei imparato. Avrei saputo dove cercare il bene e come fuggire il male. Invece guardatemi qui, a terra come un verme, sporca come una scrofa, puzzolente come una capra! Darei l’anima per una dose di merda. Darei tutto per sclerare fino a scoppiare! Mi faccio schifo! “E tu che guardi stronza? Ti vuoi girare? Vaffanculo Camilla! Fanculo anche te.” Un giorno o l’altro ti buco a tua insaputa così capirai cosa significa vivere senza quella merda. Se non l’ho ancora fatto è perché non ho soldi neanche per uno spinello, figurati se spreco quella cacca bianca per te!! E non guardarmi così! Cosa credi, solo perché mi hai difeso quella volta nel parco, che dovrò esserti riconoscente per tutta la vita? Ti ricordi? Avevo comprato una dose da uno stronzo, e due balordi mi avevano seguita per rubarmela, mi avevano quasi sopraffatta quando sei arrivata tu e sei saltata loro addosso. A uno hai ridotto il braccio come un colabrodo, all’altro hai infilato le tue zanne nel culo! Che goduria vedere le loro facce piene di paura, e tu che li rincorrevi con i canini all’infuori, inferocita come una vera lupa. Poi ti ho fischiato e sei venuta da me mansueta come un agnellino. Da quel giorno siamo state inseparabili. Sempre te davanti ed io dietro. A te basta poco per essere felice. Poche briciole raccolte nelle vicinanze di un bar o di un ristorante, e già scodinzoli. Quanto tempo è che io non scodinzolo? Io non so più cosa sia la felicità! Per me la “felicità”  è sapere che avrò la mia dose. Che cazzo di felicità! Anche al SerT ci davano merda. Che stronzi! Chi ci ha provato mi ha detto che si fa più fatica ad uscire dal metadone che dall’eroina. Brutti stronzi! Ci tengono a bada con la droga di stato, così non rompiamo i coglioni e, tutti i borghesi di merda, possono godersi la loro fottuta vita fatta di pellicce, collane e orologi d’oro. Fottuti borghesi. Fottuti pensieri. Fottuta notte. Quando arriverà il giorno? Quando finirà questo buio? Io sto sempre più male e ho solo tre euro. Cavolo Camilla, come faccio? Mi sa che devo barattarti per una dose. Quello stronzo di spacciatore ti voleva dal primo giorno che ti ha vista. Con te vicino nessuno gli avrebbe torto un capello. Quando gli ho fatto vedere le tue zanne è rimasto di stucco! Da allora non mi dà più la robaccia tagliata con le peggiori schifezze. Ma adesso non ho più soldi. Non mi fa più credito e dice che ti devo lasciare a lui se soltanto voglio uno spinello. Come faccio a dirtelo? Non guardarmi ti prego. Io già sto così male. Non puntarmi addosso quegli occhioni da cagna bastonata. Cazzo Camilla, io sto male, lo capisci che sto male? Non so che cosa dargli se non te. Magari starai meglio e ti daranno un pasto al giorno. Nel giro di una settimana non ti ricorderai neanche più di me. Che posso darti io se non qualche avanzo trovato a terra? Camilla, non guardarmi così. Non ce la faccio. Sto veramente male. Ho bisogno di quella maledetta roba! Mi mancherai, mi mancherai tanto, e so che anch’io ti mancherò, ma domani le nostre strade si divideranno. Sono veramente arrivata al capolinea! Che stronza, preferisco una dose di merda a Camilla. Da domani sarò veramente sola! Più sola di un cane randagio. Più sola di te, Camilla. Maledetta notte! Notte anonima. Notte silenziosa. Notte triste. Notte infinita. Nera come un cielo senza stelle, nera come una lavagna senza gesso, nera come il buio che ho dentro e che nessuno capisce.  Notte nera.

Ma cos’è questo rumore…. Chi mi chiama? “Chiara… Chiara… Chiara… Chiara, ma ti vuoi svegliare? Sono le sette, non l’hai sentita la sveglia? Quando porterai Camilla a fare i bisogni? Ti vuoi sbrigare? Sei sempre la solita dormigliona, e poi hanno ragione in ufficio che ti chiamano la bella addormentata nel bosco!!! Dai, alzati!!!”

“Si papà, ora mi alzo... Lasciami soltanto fare due coccole a questo profumato sacco di pulci!!!”

“Dai caro, lasciala in pace, ora si alza. Ieri ha fatto così tardi! Vero amore che ti alzi e vai in ufficio?”

“Si mamma, ora mi alzo, porto Camilla a fare i bisogni e corro subito in ufficio!”

Porca miseria Camilla, che incubo questa notte! Sono ancora tutta sudata! Ma perché mi guardi così? Sai tutto, vero? Non c’è bisogno che te lo racconti? No, non è possibile… Allora è vero che leggi nei miei pensieri! Va bene Camilla, prometto che da oggi in poi non fumerò più neanche uno spinello! Non guardarmi così! Te lo giuro, OK? Magari in ufficio smetteranno di chiamarmi la bella addormentata nel bosco! Camilla, adesso mi faccio una doccia e ti porto a fare i bisogni nel parco. Lo sai che ti voglio bene, vero?

“Certo Chiara, lo so che mi vuoi bene, e anch’io te ne voglio molto. Molto più di te! Te ne ho voluto da quel giorno che ti ho salvata dall’aggressione di quei due balordi. Se non ci fossi stata io, chissà come sarebbe andata a finire! Eri così presa a difendere la tua stupida roba che non ti sei neanche accorta che quei brutti ceffi stavano per usare un coltello affilato come un rasoio. Adesso sbrigati però e vai a prendere il guinzaglio altrimenti, quanto è vero che mi chiamo Camilla, te la faccio qui sul tappeto!”

 

Sergio Cellucci

 

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